1. Cos’è l’omeopatia?
L’omeopatia, che ancora in molti confondono con la fitoterapia (cioè l’uso medicinale delle erbe sotto forma di infusi, decotti, tinture madri in alcool ecc.), è una «medicina» che sfrutta la memoria degli elementi che utilizza nel trattamento dei diversi disturbi. Per capirci meglio e per semplificare, si utilizza una sostanza di partenza (che può essere un fiore, un minerale o una parte animale) che viene diluita in un liquido in molte, anche moltissime, parti fino a che di essa non rimane traccia materiale ma, come detto, soltanto una traccia di «memoria» che si ritiene contenga l’informazione necessaria a stimolare la guarigione.
2. Cosa significa «omeopatia»?
Il termine omeopatia deriva dal greco «omoios» (simile) e «pathos» (malattia). Di fatto, l’omeopatia è definita la «medicina dei simili».
3. Perché «dei simili»?
Perché la cura si basa sulla somministrazione al paziente di un elemento (ora in medicinale omeopatico) che in una persona sana produrrebbe gli stessi sintomi della malattia che s’intende curare. Per fare un esempio, se si mangiasse della nux vomica (noce vomica o albero della stricnina) in quanto tale, saremmo preda di spasmi, convulsioni e così via. Con il medicinale omeopatico che invece conterrebbe soltanto l’informazione, si andrebbe proprio a curare chi soffre di problemi di stomaco, del sistema nervoso eccetera.
4. Chi l’ha «inventata»?
L’omeopatia è stata «inventata» da Samuel Hahnemann (1755-1843), un medico tedesco che provò su di sé gli effetti della corteccia di cinchona, la pianta del chinino utilizzato nel trattamento della malaria. Scoprì così che i sintomi prodotti dalla pianta erano praticamente gli stessi della febbre malarica.
5. Come ci si cura?
L’approccio terapeutico dell’omeopatia può essere diverso. Ci si può concentrare su un sintomo specifico da trattare: per esempio la tosse, il mal di gola, il mal di testa, un dolore o i disturbi gastrointestinali… In questo caso si utilizza un medicinale specifico scelto in base alla già citata legge della similitudine. Un altro approccio è quello che intende curare il paziente, piuttosto che la malattia di per sé.
6. L’omeopatia, funziona?
Gli omeopati, come è giusto che sia, ritengono di sì. Non hanno dubbi. Così come i pazienti che ne hanno tratto beneficio.
Al contrario, sono molti i medici e gli scienziati che ritengono l’omeopatia nient’altro che «acqua fresca». Ossia che ha lo stesso effetto di bere un bicchiere d’acqua. In pratica, non funziona.
7. Chi ha ragione?
Obiettivamente non si può dare né ragione né torto ad alcuno. Possiamo, al massimo, citare le varie ricerche e i pareri in merito.
8. Quali sono le prove (o evidenze) che funziona?
A sostenere l’efficacia dell’omeopatia sono sia diversi medici e ricercatori, che alcuni studi scientifici. Uno di questi, del 2009 e pubblicato su Pulmonary Pharmacology & Therapeutics, mostra che l’utilizzo orale di citochine in forma omeopatica nella terapia dell’asma allergica ha dato gli stessi risultati di un trattamento farmacologico tradizionale. Un altro del 2012, pubblicato sul Journal of Cancer Therapy, ha evidenziato l’azione di risposta delle cellule T, in colture di PBMC derivate da pazienti con cancro polmonare non a piccole cellule, dopo la somministrazione di IL-12 (interleuchina) in dosi omeopatiche. Questi e molti altri studi che confermerebbero l’efficacia dell’omeopatia si possono trovare in un volume gratuito sull’omeopatia pubblicato da Guna, e scaricabile QUI.
9. Quali le prove o evidenze che NON funziona?
A sostenere che l’omeopatia sia soltanto acqua fresca e che dunque non funziona sono in molti. Scienziati, ricercatori, medici, divulgatori di tutto il mondo. In Italia, tra i diversi ferventi avversatori dell’omeopatia troviamo il divulgatore Piero Angela e il direttore dell’Istituto Farmacologico Mario Negri di Milano, Silvio Garattini. A tal proposito, il prof. Garattini ha pubblicato con Sironi un libro dal titolo emblematico: «Acqua fresca? Tutto quello che bisogna sapere sull’omeopatia». In questo volume, come ci si può aspettare, si presentano tutti i motivi per cui l’omeopatia non funzionerebbe. Secondo il Direttore, un editoriale pubblicato nel 2005 su The Lancet dal titolo «The End of Homeopathy» (La fine dell’omeopatia) metterebbe appunto la parola «fine» al dibattito sull’omeopatia. Nell’editoriale si citano 110 studi clinici (sull’uomo) che hanno confrontato gli effetti della medicina tradizionale (o allopatica) rispetto al placebo e altre centinaia di studi che hanno invece confrontato l’omeopatia sempre con placebo. Le conclusioni sarebbero che l’omeopatia non sortisce effetti diversi dall’assunzione di un qualsiasi placebo: per dirla con le parole di detrattori, come bersi un bicchiere d’acqua. Ciliegina sulla torta è la conclusione del National Health and Medical Reseach Council, il massimo organismo australiano per la ricerca medica, che sull’omeopatia dichiara: «Non esiste malattia per cui vi sia una prova attendibile dell’efficacia di tale metodo. Non c’è ragione fondata per dire che funzioni meglio di una pillola di zucchero».
10. Ma chi la usa l’omeopatia?
Secondo recenti statistiche ISTAT, nel nostro Paese il 4% della popolazione ricorre costantemente ai rimedi omeopatici e l’8,2% alle medicine non convenzionali in genere. La spesa degli italiani è di circa 400 milioni di euro l’anno. Sempre l’Italia, è il terzo consumatore europeo dopo Francia e Germania.
In conclusione, se l’omeopatia funzioni o meno noi non possiamo dirlo. I pareri, come si è potuto capire, sono discordi. L’ultima parola però spetta sempre al cittadino, il quale sa se utilizzando questo tipo di terapia ha ottenuto benefici o nulla – a dispetto di chiunque la pensi diversamente.
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